L’arrivo delle Belle Époque e della grande stagione del café chantant fu accolto con entusiasmo dai frequentatori del Salone Margherita. Era un successo acquisito perché l’ambiente del café chantant era luogo di ritrovo per artisti, ballerine, cantanti ma anche dame e gentiluomini sempre proiettati nell’avventura, nella vitalità incontrollata di persone che non hanno scrupoli moralistici e che vogliono divertirsi.
Toulouse Lautrec con poche pennellate colse quel mondo, disegnando ciò che vedeva; ballerine, artisti e modelle, raffigurando non solo gli scintillii, ma anche figure stilizzate dalle stampe giapponesi dove i gialli e gli arancioni morbidi danno il colore del varietà.
L’aspetto erotico o quello più deliberatamente sessuale, ebbe una notevole importanza nell’affermazione del café chantant, tanto che molti vi si recavano per respirare l’aria un po trasgressiva e perversa, per cercarvi compagnia, per ammirare ed applaudire le attrici e gli attori che si esibivano, spesso su una semplice pedana, nei loro numeri di cantanti fantastici, comici ricchi di malizia e d’ironia trascinando il pubblico all’applauso e nel consenso.
In Italia uno dei primi café chantant fu appunto il Salone Margherita che, ispirandosi ai corrispondenti locali francesi e per darsi un certo tono, ne importò le principali vedettes.
Poco dopo approdarono comici e primedonne nostrane, bellissime cantanti e ballerine, nuove chanteuses non più d’importazione. Poi si cominciò ad esportare le bellezze locali impostesi all’attenzione di questo teatro: Lina Cavalieri, Amalia Faraone, Anna Fougez e tante altre. Gli artisti non furono da meno.
Ettore Petrolini, nato macchiettista e freddurista terribile, era sempre pronto alla battuta improvvisata e spesso dialogata col pubblico nel quale suscitava una frenesia di risate. La composizione più classica frale sue canzoni teatrali resta sempre Gastone.
Renato Cantalamessa, il creatore della celebre A risa in cui la sua ilarità si diffondeva prodigiosamente a tutta la platea.
Soleva ripetere “mi è sempre piaciuto di stare in allegria, io la malinconia non saccio che robb’é”. La parodia e lo scherno dei personaggi pubblici sono stati sempre i suoi temi preferiti.
Raffaele Viviani che nelle pittoresche vesti dello scugnizzo compiva sulla scena capriole e lazzi dipingendo mimicamente la monelleria e la dolcezza dei suoi monologhi passando rapidamente dalla macchietta dello spazzino, dell’ubriaco o del cameriere del caffè di notte alle interpretazione dell’acquaiolo: tanto vivi erano i personaggi che si distaccò da tutti gli altri comici contemporanei da lui definiti guappi di cartone.
Trilussa, perennemente circondato da belle donne, fu abile a cogliere i tic dei borghesi per tramutarli in sfottò e darli in pasto alla gente della strada.
Nicola Maldacea, detto il buffo, fu abile nel creare personaggi dal vero. Gustosissima la macchietta del Superuomo che divertì moltissimo Gabriele D’Annunzio che reagì con grande spirito tanto da pregarlo di replicare il numero. Lanciò la nota canzone Lilì Kangj. Le sue macchiette furono più volte straordinariamente interpretate da Nino Taranto.
Gennaro Pasquariello il quale alternò la canzonetta comica a quella sentimentale o drammatica, tanto che i migliori compositori dell’epoca come Bovio, Murolo e Galdieri scrissero delle canzoni appositamente per lui. Quando interpretava uno sketch riusciva a trasmettere con la voce un fremito di commozione o di risata che trascinava la platea in un diluvio di applausi.
Alfredo Bambi fu uno dei macchiettisti più brillanti, impareggiabile nelle truccature e nel brio con cui raccontava le sue storielle pepate, ricche di doppi sensi. Il pubblico rideva e applaudiva senza stancarsi mai e Bambi non chiedeva di meglio. Lanciò diverse subrettine, ma una in particolare che chiamò, anagrammando il suo nome, Bimba. Divenne una diva di gran classe; cantava con un aria da ingenua sognatrice tanto da far girare la testa a tutti gli studenti che venivano in questo teatro ad applaudirla.
I fratelli De Rege, rievocati più volte dal duo Walter Chiari e Campanini soprattutto per lo schetch Non so, se rendo l’idea.
Vincenzo Valente, autore della macchietta Pozzo fa o’ prevete che con poche pennellate descriveva un luogo o una persona. Scrisse molte canzoni frale quali Torna, Signorella e Simmo napule paisà. La sua canzone Serenata ‘a na femmena fu scritta per Mignonette.
Pasquale Villani che interpretava brani di grande successo Ciccio Formaggio e Dove sta Zazà. Si impose anche nella canzone con la Rumba Degli Scugnizzi e Il gerente responsabile.
Il teatro di varietà con una gradevole orchestrina, con mutevoli fondali ed un riflettore che lanciava fasci di luce al magnesio sulle generose scollature delle folleggianti eccentriche ed irresistibili artisti conquistò il consenso del pubblico. I tempi cambiano, ma la comicità ha sempre un ruolo decisivo nello spettacolo sin dai posteggiatori d’altri tempi ai comici di oggi.
Del resto, gli artefici di un teatro di varietà che hanno avuto sempre un strepitoso ed incontrastato successo, li troviamo appunto nell’avanspettacolo donde vennero una serie di comici che dovevano avere in seguito una gran fortuna: Dapporto, Campanini, Rascel, Fabrizi, Fregoli, Totò e tanti altri ancora, oggi ricordati non tanto per valorizzare il passato, quanto per ammonire che se un’epoca è sfiorita, l’inarrestabile ricambio trova pronti alla ribalta i nuovi comici che intendono esibirsi quali protagonisti di una gioia di vivere al servizio della platea fra le pareti e gli stucchi di questo teatro.