Nel settembre del 1995 iniziano i lavori per la costruzione del nuovo Auditorium.
La scelta insediativa per il grande complesso dei nuovo Auditorium di Roma è quella di completare con un raccordo organico l’orografia dei paesaggio esistente, cercando in particolare di ricomporre l’artificiosa frattura venutasi a creare tra le propaggini inferiori della collina dei Parioli e la pianura fluviale su cui sorge il Villaggio Olimpico.L’occasione di una riqualificazione urbana dell’area scelta per l’Auditorium, delimitata dal quartiere dei Parioli a sud, dal quartiere Flaminio ad ovest, dal Villaggio olimpico a nord e da Villa Glori ad est, non può quindi essere trascurata: occorre dare al luogo la stessa dignità urbana e territoriale che presentano le quattro aree che la contornano, ognuna delle quali possiede una propria identità ed un proprio modello di vita quotidiana.L’Auditorium deve agire da un lato come sofisticato strumento di forte attrazione per un’utenza sovraurbana e dall’altro deve poter concentrare tutte le varie funzioni che costituiscono la normale urbanità di un luogo. Questo è garantito sia dalla particolare configurazione dei volumi costruiti che dalla distribuzione di tutte le attività presenti.
Lungo Viale Maresciallo Pilsudski e Via Giulio Gaudini si aprono i principali ingressi al parco ed ai parcheggi sotterranei, realizzando una importante continuità fisica e percettiva con la zona a Sud e ad Est dell’area; su questo piano, su una dolce salita, emergono le tre Sale per la Musica creando una sequenza di tre volumi fortemente connotati, di dimensioni diverse, ma appartenenti alla stessa famiglia di architetture. Le tre “casse armoniche” sono immerse nel grande parco alberato e disposte ortogonalmente attorno ad una grande cavea teatrale all’aperto, rivolta verso il Villaggio Olimpico. Su questo lato, ossia su Viale de Coubertin, il volume dell’edificio diventa permeabile, organizzando una serie di attività legate a funzioni più tipicamente urbane permettendo così un utilizzo quotidiano e continuo di tutto il complesso.
Fondazione Musica per Roma nasce il 19 luglio 2004, cambiando la ragione sociale originaria di Società per azioni con la quale venne istituita nel 1999. Giuridicamente si tratta della prima grande trasformazione di una Spa in Fondazione consentita dalla riforma del nuovo diritto societario. I soci fondatori sono il Comune di Roma, che ha conferito in concessione d’uso per 99 anni l’immobile Auditorium alla Fondazione, la Camera di Commercio, la Provincia di Roma e la Regione Lazio.
Dalla data di inaugurazione, 21 dicembre 2002, l’Auditorium Parco della Musica è una consolidata realtà nel panorama della vita culturale della città di Roma e del Paese con un’affermazione sia sul piano della qualità dell’offerta, che della quantità di pubblico coinvolto.
Ogni anno più di un milione di persone, tra spettatori e partecipanti alle varie iniziative, ha visitato il complesso gestito dalla Fondazione Musica per Roma. La capacità di autofinanziamento della struttura supera ormai il 65% del bilancio complessivo. A questo proposito ricordiamo che sempre più l’Auditorium si propone come centro di iniziativa polivalente e qui finalmente ha trovato “casa” l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. I suoi concerti di musica sinfonica e cameristica si intrecciano con la programmazione musicale più varia, jazz, pop, rock, world…, con le prime cinematografiche, con le rappresentazioni teatrali, con le mostre d’arte, con le performance letterarie. Sono appuntamenti ormai tradizionali i festival e le rassegne, mentre sempre più spesso le nostre sale ospitano sfilate di moda, congressi, convegni, incontri di tipo istituzionale.
Attraverso queste attività di promozione culturale l’Auditorium Parco della Musica costituisce un volano inesauribile per un progetto di rilancio e riqualificazione della città, progetto che passa non solo sul terreno dell’urbanistica, della viabilità, dei trasporti o del welfare locale, ma, per ciò che più ci interessa in questa sede, soprattutto sul versante delle iniziative e delle strutture culturali, ambito nel quale Roma ha compiuto negli ultimi anni un enorme balzo in avanti, collocandosi a livello delle più importanti capitali europee.
L’Auditorium può sempre più essere definito secondo l’espressione di Renzo Piano, una vera “fabbrica di cultura”.
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Chiostro del Bramante
Il Chiostro del Bramante
Il Chiostro del Bramante è uno straordinario esempio di architettura rinascimentale. È opera di Donato Bramante (1444-1515) che, trasferitosi da Milano a Roma dopo la caduta di Ludovico il Moro, diventerà qui primo architetto di Papa Giulio II e sarà grande rivale di Michelangelo. Fa parte del complesso che comprende anche l’attigua Chiesa di Santa Maria della Pace in cui si trovano le famose Sibille di Raffaello.
Fu commissionato dal cardinale Oliviero Carafa intorno al 1500, come attestano l’iscrizione dedicatoria che abbraccia l’intero perimetro del Chiostro e gli emblemi gentilizi sovrastati dal cappello cardinalizio posti a decoro scultoreo sui pilastri sia del pianterreno che del piano superiore.
Il Chiostro è una costruzione di raffinata linearità e rigorosa eleganza, che applica principi di armonia ed equilibrio in ogni elemento compositivo. L’architettura, come è tipico del Rinascimento, prende ispirazione dalla classicità, radicalmente riaffermata dal Bramante con il bando di ogni decorazione aggiuntiva, a favore della potenza degli elementi strutturali. In questo il Bramante si distacca dal suo stesso periodo milanese, più vicino alle influenze del precedente periodo gotico, diffuso soprattutto nel nord Europa.
Eretto su uno schema quadrato, il Chiostro è costituito da due ordini sovrapposti: un ampio portico a quattro archi per ogni lato con pilastri in stile ionico dotati di capitello e base (paraste), coperture a volta, e un loggiato superiore in stile composito, con pilastri e colonne corinzie alternati che sostengono l’architrave a copertura piana.
L’atmosfera e gli effetti di luci e ombre creati da queste strutture di classica bellezza danno una confortevole sensazione di armonia, dovuta all’abilità del Bramante di organizzare in una perfetta unità elementi stilisticamente diversi integrati con assoluta naturalezza nell’architettura, come la sovrapposizione di un ordine ad architrave su uno ad arcate, le colonnine dell’ordine superiore in asse centrale sull’arco sottostante, gli archi inquadrati al piano terreno, l’iinsieme di capitelli ionici, corinzi e compositi, le parastre al piano terra e i pilastri composti al piano superiore.
In questo spazio erano distribuiti gli ambienti per la vita collettiva al piano terreno e gli spazi abitativi al primo piano, ora trasformati in aree di attività culturali.
Alla base di ogni pilastro del loggiato si hanno sedili un tempo usati dai monaci ed oggi usati dal pubblico per la lettura, la conversazione o il ristoro.
Le pareti del portico del pianterreno sono ornate da monumenti sepolcrali della fine del Quattrocento.
In quasi tutte le lunette si possono ammirare delicati affreschi con storie della vita di Maria.
Palazzo Altemps
Palazzo Altemps, già Palazzo Riario, è un edificio storico di Roma; sorge a poca distanza da piazza Navona, in piazza sant’Apollinare (Ponte). Ospita attualmente una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano.
L’attuale edificio è il punto d’arrivo cinquecentesco di una serie di costruzioni che occupavano la zona ininterrottamente fin dall’antichità.
Dall’epoca di Augusto il fulcro dell’attività della zona, 160 metri a monte del Ponte Elio, era costituito dall’essere sede di uno dei due porti marmorari di Roma (l’altro era alla Marmorata, oggi Testaccio) e “Statio rationis marmorum”, cioè ufficio del monopolio imperiale sulle cave. L’approdo fu scoperto nel 1891, documentato e poi distrutto durante i lavori per la costruzione dei muraglioni di contenimento del Tevere. Era qui che venivano scaricati e lavorati sia i marmi a destinazione architettonica utilizzati nel Campo Marzio, sia quelli destinati alla statuaria, in numerose botteghe di cui sono state trovate tracce in tutta la zona tra Sant’Andrea della Valle, la Chiesa Nuova e il fiume. In alcuni casi sono stati ritrovate anche opere non finite e attrezzi, pertinenti alla fine del periodo di Traiano, come se le botteghe fossero state abbandonate in tutta fretta.
Secondo l’Armellini la vicinissima chiesa di Sant’Apollinare sorgeva sulle rovine di un tempio di Apollo.
Con la feudalizzazione di Roma e l’occupazione dei resti antichi da parte delle famiglie baronali la città si divise in un settore Ghibellino ad est controllato dai Colonna e in un settore Guelfo controllato dagli Orsini. Il cammino di ronda che divide tuttora il rione di Parione da quello di Colonna correva lì presso, lungo l’attuale Vicolo dei Soldati.
Finita l’esigenza di fortificare e la depressione conseguente alla cattività avignonese, il Campo Marzio fu di nuovo intensamente urbanizzato: è nel XV secolo che comincia a nascere il palazzo Altemps quale oggi lo conosciamo, nel dominio di diversi personaggi che si successero nel tempo a partire da Girolamo Riario, che ne fece fare il disegno al celeberrimo Melozzo da Forlì, a cui commissionerà anche altri Palazzi, nei territori della sua signoria, a Imola e Forlì. Girolamo, nipote (o forse figlio naturale) di Sisto IV, che su di lui aveva investito tutte le proprie attenzioni nepotistiche, avrebbe voluto completarne l’edificazione per il suo matrimonio con Caterina Sforza, nel 1477, ma i lavori non furono conclusi prima del 1480.
Caduta con la fine di Sisto IV la fortuna dei Riario, nel 1511 il palazzo fu acquistato, ampliato e decorato dal cardinale Francesco Soderini (architetti Antonio da Sangallo il Vecchio e Baldassarre Peruzzi, al cui intervento si deve il cortile maggiore).
Dopo essere stato residenza degli ambasciatori spagnoli il palazzo fu acquistato nel 1568 dal cardinale austriaco Marco Sittico Altemps, figlio della sorella di Pio IV, che ne fece la residenza del casato ormai italianizzato. Si deve a lui l’istituzione della Biblioteca Altempsiana, poi confluita nella Vaticana, e la prima collezione di sculture antiche. A questi anni risale la nobiltà ma anche la storia “nera” della famiglia: il figlio naturale di Marco Sittico, Roberto, prefetto delle armi papali in Avignone sotto Sisto V Peretti e primo duca di Gallese, fu accusato di adulterio e fatto decapitare a 20 anni, nel 1586, proprio da Sisto V, per aver sposato una degli Orsini, suoi nemici giurati.
Qualche papa dopo, Clemente VIII Aldobrandini, nel 1604, donò alla famiglia le spoglie di papa Aniceto per arricchirne la cappella privata, ma a memoria imperitura del sopruso, il figlio Giovanni Angelo Altemps secondo duca di Gallese fece dipingere nella stessa cappella del palazzo, nel 1617, un grande affresco che riproduceva la decapitazione del padre. È a Giovanni Angelo che si deve il primo teatro (poi denominato Teatro Goldoni) costruito nel palazzo. Ed è qui che nel 1690 venne fondata l’Accademia dell’Arcadia.
Nel Settecento il palazzo fu affittato come sede diplomatica francese dal cardinale Melchior de Polignac e fu sede di grande mondanità e lusso: vi si recitò tra l’altro Metastasio e vi suonò anche Mozart, durante il suo soggiorno romano.
Passato nel XIX secolo alla Santa Sede, fu acquisita al patrimonio dello Stato nel 1982 tramite l’acquisto da parte del ministero dei Beni Culturali. È attualmente utilizzato per tre quarti dalla Soprintendenza Archeologica di Roma come sede del Museo nazionale Romano. Questo ha consentito un restauro assai curato della struttura architettonica e recuperi molto interessanti dell’apparato decorativo. In particolare, sono emersi, nella Sala della piattaia, affreschi attribuiti alla scuola di Melozzo da Forlì.
Firenze
FIRENZE
Firenze è il capoluogo di regione della Toscana, è situata sulle sponde del fiume Arno (che la divide in due parti) ed è circondata da colline. Il suo territorio è suddiviso in sei aree che sono Area fiorentina, Mugello, Montagna Fiorentina, Valdarno, Chianti Fiorentino, Empolese Valdelsa, che raccolgono secondo caratteristiche omogenee i 43 comuni. La storia di questa rinomatissima città ha inizio in epoca romana col nome di Florentia, divenne città medievale stretta fra le mura e le alte torri e nel XV secolo raggiunse fama artistica, architettonica, politica e culturale senza eguali. Nella seconda metà del XIX secolo fu capitale d’Italia (solo per cinque anni) e questo avvenimento ha impresso un’orma incancellabile a tutta la struttura della città. E’ comunque il Rinascimento che ha segnato maggiormente Firenze annoverandola come vera e propria culla dell’arte: di quel periodo rimangono chiese, palazzi, ville ed opere che sono conservate nei maggiori musei quali gli Uffizi, la Palatina e Palazzo Pitti.
Da Vedere: Fiesole: Fiesole è uno dei comuni appartenenti alla provincia di Firenze, è situata a circa 300 metri di altitudine e dista da Firenze circa 9 km. E’ caratterizzata da una fitta maglia di stradine antiche ed offre un paesaggio agrario e verdeggiante caratterizzato da oliveti, macchie di bosco e casolari antichi inseriti in questa natura stupenda. A Fiesole sono conservati i resti di un antico teatro romano risalente al I secolo a.c. I frammenti e le decorazioni di questo teatro sono raccolte nel Museo Civico Archeologico sempre sito in Fiesole.
Campanile di Giotto: il campanile trecentesco della chiesa Santa Maria del Fiore è uno dei capolavori indiscussi di Giotto. Giotto venne nominato capomastro per completare la costruzione del Duomo ma lui invece di impegnarsi in questo suo compito preferì ideare un’opera tutta sua: il campanile. Il rivestimento esterno è formato da marmi policromi provenienti da Carrara (marmo bianco), Prato (marmo verde) e Siena (marmo rosso) e sui quattro lati del campanile vi è una vera e propria narrazione fatta tramite formelle ottagonali a rilievo, opera di Andrea Pisano (che rimpiazzò Giotto nell’incarico di capomastro a causa della sua morta prima del completamento dell’opera).
Il Campanile è alto circa 85 metri, possiede una pianta quadrata ed è diviso in quattro sezioni verticali e orizzontali che lo dividono in cinque piani. Il secondo piano è caratterizzato dall’avere delle statue al posto dei bassorilievi (oggi sono sostituite da delle copie mentre quelle originali sono conservate nel Museo dell’Opera del Duomo). L’ultima parte del campanile (opera di Talenti) è munita di una bellissima terrazza che funge da tetto panoramico e che conferisce un aspetto originale al campanile rispetto ai soliti campanili gotici che terminano con la consueta cuspide.
Ponte Vecchio: prima dell’attuale costruzione che si può ammirare attualemente a Firenze, vi era un altro ponte che andò completamente distrutto nel 1333 in seguito ad una piena del fiume Arno. Questo ponte è molto particolare in quanto oltre che fungere da attraversamento del fiume possiede vere e proprie caratteristiche di una strada e possiede elementi artistici ed architettonici straordinari. Ai lati del ponte vi sono due portici di arcate che erano originariamente sede di botteghe di macellai e che in seguito, per volere di Ferdiunando I nel XVI secolo, furono riservate agli orefici. Tutt’oggi sul Ponte Vecchio vi sono vetrine e negozi di orefici che espongono monili e gioielli locali di rara bellezza e di grande valore.
Locanda al Castello di Sorci
A breve distanza da Anghiari sorge il Castello di Sorci.
Ampio complesso inserito nel tipico ambiente agro-forestale umbro-toscano. L’impatto visivo non è quello del classico castello bensì di un grande casolare, le sale che lo compongono sono semplici e modeste e dislocate su più livelli e di diversa dimensione l’una dall’altra, alcune di queste hanno ingresso esterno ed indipendente, vivrete un clima casalingo e rustico. Suggestivo e cartteristico borghetto medioevale dove sarà possibile respirare l’aria dei tempi che furono.
Il Castello dei Sorci è stato abitato da due grandi e potenti famiglie tra il 1200 e il 1530: I TARLATI di Pietramala (1234-1388), I BALDACCIO (1388-1441) e I PICHI (1443-1650).
Il Castello dei Sorci, nato come segno di dominio, fu punto di contesa e di resistenza durante il Basso MedioEvo e il periodo delle Signorie; distrutto più volte e più volte ricostruito, visse la storia di un Capitano di Ventura, come il famoso Baldaccio, che forse aspirava a passarvi in pace i suoi ultimi anni di vita. Poi, mentre gli altri castelletti della valle declinavano, trovò con i Pichi una collocazione più pacifica, anche se pur sempre orgogliosa.
Con loro si definì quella che fu poi la sua fisionomia di azienda agricola, continuata anche da altri, con diversa fortuna, fino all’ultimo scorcio del XX secolo. Infatti nel 1970 subentrò Primetto Barelli dopo due anni di pratiche burocratiche, veniva dalle Marche e si era sposato a Città di Castello con una giovane del posto, Gabriella. Il Sig. Barelli voleva fare l’agricoltore, ma fece qualcosa di più: riaprì Sorci alla vita, con un’intuizione geniale e la vitalità espansiva del suo temperamento. Primetto ha raccolto l’eredità di azienda agricola, nel momento in cui l’agricoltura tradizionale perdeva alcuni connotati nella ricerca di nuovi tipi di imprenditorialità. Ma ha saputo dare a questa vocazione uno sbocco originale, riproponendo alle masse inquiete e deluse dei fast-food, il gusto dei prodotti naturali e dell’aria pulita.
Non è solo un espediente di mercato: è anche un fatto di cultura. Ma la cultura resta attiva se si alimenta col sentimento di un impegno.
Il Castello di Bevilacqua
Costruito su una preesistenza tipicamente romana come il castrum, edificato nel 1336 da Guglielmo Bevilacqua e ampliato dal figlio Francesco, il Castello Bevilacqua è concepito come fortezza destinata a resistere agli impetuosi urti del tempo: la guerra con Venezia nel XV secolo, la conseguente occupazione dei Serenissimi e gli scontri fra Veneziani e Imperiali agli inizi del XVI secolo.
Il Cinquecento segna un rinascimento anche per il Castello, che viene riammodernato e trasformato in villa con ampi e ricchi saloni dal celebre architetto Michele Sammicheli. Nel 1756 Gaetano Ippolito Bevilacqua prosegue l’opera di restauro, ricavando i grandi saloni del primo piano coperti da volte ribassate.
Neanche un secolo dopo, in seguito agli eventi napoleonici, nel 1848 l’edificio viene incendiato dall’esercito austriaco, quindi restaurato dieci anni dopo dalla contessa Felicita Bevilacqua e dal marito, il Generale Giuseppe La Masa. Dotato di un coronamento a merli, il complesso acquista un’immagine neogotica in assonanza col gusto romantico del tempo.
Ma l’Europa non trova pace e con lei il castello: durante la seconda guerra mondiale è posto di comando dell’esercito tedesco; successivamente ospita un collegio di Salesiani fino al 1966 anno in cui è nuovamente colpito dalle fiamme. Nell’ultimo decennio, grazie all’impegno della famiglia Iseppi – Cerato, il Castello viene finalmente restaurato e restituito allo splendore dei suoi anni migliori, confermandosi meta privilegiata per incontri con la storia.
Castello di Felino
Tra le valli del Parma e del Baganza, a guardia del territorio che dagli Appennini dolcemente scende verso la pianura, s’incontra un secolare maniero sospeso tra storia e leggenda: il Castello di Felino.
La storia racconta che l’origine del maniero risale all’alto Medioevo. Viene fondato nell’890 per volere del marchese Luppone e, per secoli, ospiterà cavalieri valorosi e prodi condottieri che qui arrivano per fronteggiarsi a duello o per trovare rifugio o riposo, ma anche poeti e pittori a celebrare i fasti delle corti. Dopo i secoli bui del Medioevo, segnati dalle scorribande e dai saccheggi, diventa dimora di alcune importanti casate: dai Rossi agli Sforza, dai Pallavicino ai Farnese. In quei secoli il castello diventa così sede d’intrighi di corte e d’incontri amorosi, assumendo un ruolo di primo piano nelle vicende politiche, anche grazie alla particolare posizione strategica.
Proprio nel XIV secolo, sotto il dominio della casata dei Rossi il castello conobbe il suo massimo splendore, passando da maniero difensivo a luogo di dimora signorile. Si arriva così al 1775 quando la proprietà passa ai Vescovi di Parma che, fino al 1935, la usano come luogo di villeggiatura. Tutt’oggi una delle sale più prestigiose del Castello è denominata.
Le millenarie mura del Castello di Felino continuano tutt’oggi ad ospitare ricevimenti sontuosi o romantiche e intime cene, tutto a soli pochi chilometri da Parma. Grazie al raffinato ristorante Locanda della Moiana, così chiamato dal nome dell’antica campana in bronzo che ammoniva il contado in caso di pericolo, tuttora conservata nella corte d’onore del castello.
Un ristorante votato alla tradizione, in cui viene gelosamente custodita l’eccellenza gastronomica del territorio parmigiano, arricchita però da influssi che arrivano dal mare e dalle terre lontane, per creare una sinergia perfetta tra tradizione ed innovazione. I cibi sono inoltre accompagnati da una carta dei vini che spazia dai tradizionali DOC dei Colli Parmensi delle tenute intorno al Castello ai più titolati vini italiani ed esteri.
Castello Orsini
Situato nei pressi della Via Salaria a Nerola, pochi chilometri a nord di Roma, il Castello degli Orsini domina a perdita d’occhio, dalla sua posizione elevata, la fertile campagna della Sabina fino alla valle del Tevere ed ai verdi monti Lucretii.
Una volta varcate le mura del castello, oggi riconvertito in un elegante hotel, sembra di compiere un tuffo nel passato.
Le poderose torri di guardia, i massicci torrioni, i camminamenti ornati da merli raccontano la storia delle famiglie potenti, degli Orsini – che hanno dato nome alla fortezza – dei Borgia, dei Barberini, e dei Lante della Rovere, che tra intrighi e sanguinose guerre scrissero la storia dell’Italia centrale e del regno pontificio.
Dopo un accurato restauro il complesso conta oggi 50 tra camere e suites, ciascuna diversa dall’altra per arredi e atmosfera, alcune ospitate nel Castello – e disposte su due livelli o talora con una torre privata da cui godere del panorama sabino – altre nel Borghetto dei Lecci e nel Villino Salimei, un villino del Settecento, le più recenti.
Arredate con mobili d’epoca e impreziosite da quadri importanti, offrono, oltre all’atmosfera ineguagliabile, i moderni conforts dei nostri tempi, dalla tv al frigo bar, dalle cassette di sicurezza all’aria condizionata.
Galleria dell’Accademia
La Galleria dell’Accademia sorge nel luogo dove un tempo erano ubicati due antichi conventi – quello maschile di San Matteo e quello femminile di San Niccolò di Cafaggio – che occupavano tutto l’isolato fra piazza Santissima Annunziata e via Ricasoli.
Il grande ambiente ha l’aspetto di una chiesa a croce latina.
I bracci laterali e la Galleria dei Prigioni occupano spazi del medievale Ospedale di San Matteo, mentre la Tribuna che ospita la statua del David fu appositamente costruita su progetto dell’architetto Emilio De Fabris tra il 1873 e il 1882.
Motonave Pegaso
DATI TECNICI:
Costruzione in legno
Lunghezza: m. 22
Larghezza: m.5,70
Posti a sedere ponte sole: 80
Capienza totale: 180
Motorizzazione: 2 turbo diesel
A bordo: Servizio bar Servizi igienici Sala ristoro Ponte panoramico